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Allergie da Imenotteri « dott. Mario Pacella

Allergie da Imenotteri

Gli imenotteri (da Hymenoptera: ali membranose) responsabili delle reazioni allergiche sono Apidi e Vespidi e in particolare tra gli Apidi l’Apis mellifera e il Bombus, tra i Vespidi la Vespula species, il Polistes species e la Vespa Crabro (calabrone). L’ape ha un corpo tozzo, ricoperto di peluria, i colori prevalenti sono il nero e il bruno giallastro. Il bombo è facilmente distinguibile dall’ape per le sue cospicue dimensioni, è scarsamente aggressivo e punge solo se provocato. L’ape presenta comportamenti aggressivi estremamente variabili: l’Apis mellifera adansonii o ape africana e l’Apis dorsata dell’Indonesia sono molto aggressive ma hanno scarsa possibilità di adattarsi ai nostri climi per l’incapacità di resistere alle rigide temperature invernali. Tra le api, le api guardiane hanno il compito di difendere la comunità da aggressioni esterne e sono nella fase della vita in cui risulta massima la capacità di produrre veleno: perlustrano determinate zone intorno all’alveare la cui violazione da parte di altri esseri viventi viene riconosciuta come minaccia, provocando di conseguenza l’aggressione e la puntura. Questo comporta la morte dell’ape poiché il pungiglione è seghettato e, rimanendo infisso nella cute, provoca l’eviscerazione dell’imenottero con conseguente morte dell’insetto.

I vespidi hanno il corpo slanciato e glabro, un netto restringimento tra addome e torace, il colore prevalente è il giallo sul nero. Il calabrone è riconoscibole per le sue maggiori dimensioni, per il colore rossastro e per il volo notturno, mentre tra Vespula e Polistes la differenza è nella forma dell’addome: conica per la Vespula, affusolata per il Polistes, quest’ultimo inoltre quando vola lascia penzolare le zampine. Vespa e Calabrone edificano i loro nidi, spesso abitati da centinaia, a volte migliaia di individui, direttamente nel terreno, il Polistesinvece edifica i suoi nidi, costituiti da non più di un centinaio di individui, in luoghi elevati quali grondaie, tapparelle, cassette della posta ecc…I vespidi entrano in competizione con l’uomo per il cibo: si nutrono infatti di frutta matura, liquidi zuccherini, carne (per es. prosciutto) e questo li spinge ad una stretta relazione con l’uomo e conseguente aggressività se si sentono minacciati. Il pungiglione è solitamente liscio oppure con minuscole seghettature e può quindi essere estratto dalla cute dopo una puntura, preservando così la vita dell’insetto.

 

 

Le reazioni alle punture si distinguono in: reazioni locali e reazioni generalizzate. Le reazioni locali, cioè edema attorno alla sede della puntura, possono essere irritative oppure allergiche: nel secondo caso il coinvolgimento locale è importante, con edema (gonfiore) della parte interessata di almeno 8 cm, spesso estesa a tutto l’arto se la puntura ha coinvolto per esempio la mano. Le reazioni generalizzate solitamente insorgono entro mezz’ora, spesso pochi minuti, vengono suddivise in quattro crescenti gradi di gravità (tabella di Mueller):

1° grado: orticaria generalizzata, prurito, malessere, ansia;
2° grado:
i sintomi precedenti più almeno due dei seguenti: angioedema, vertigini, nausea, vomito, diarrea, addominalgie;
3° grado:
i sintomi precedenti più almeno due dei seguenti: dispnea, secchezza delle fauci, disfagia, disartria, obnubilamento, angoscia con senso di morte imminente;
4° grado:
i sintomi precedenti più almeno due dei seguenti: cianosi, ipotensione, collasso, perdita della coscienza, incontinenza sfinterica.

La storia naturale di questa allergia prevede che i soggetti che hanno presentato una reazione locale estesa abbiano un rischio di anafilassi ad una successiva puntura di circa il 5%. I pazienti che hanno invece manifestato una reazione generalizzata alla puntura di imenottero presentano un rischio globalmente del 50% di anafilassi ad una successiva puntura. Tale rischio è influenzato dal tipo di reazione essendo più elevato per manifestazioni gravi cioè con interessamento respiratorio e cardiocircolatorio (70%), e più basso per reazioni generalizzate limitate alla cute o all’apparato gastroenterico (30%). Il paziente che ha presentato reazioni dopo puntura di imenotteri deve essere valutato attentamente dallo specialista con una accurata anamnesi e test allergologici specifici in vivo e in vitro.

E’ indispensabile che i pazienti con una reazione severa a puntura d’ insetto si rivolgano ad un centro specialistico allergologico. Attraverso la raccolta anamnestica e adeguati accertamenti diagnostici lo specialistaè in grado di stabilire se la reazione era di tipo allergico, identificare l’insetto responsabile, valutare il grado di rischio e delineare le migliori strategie terapeutiche.La storia clinica non permette quasi mai di identificare l’imenottero responsabile. I test cutanei, eseguiti con la metodica del prick test e delle intradermoreazioni, utilizzando i veleni dell’ape, vespa, polistino e calabrone consentono generalmente di formulare una diagnosi corretta. I risultati delle indagini diagnostiche sono prive di valore prognostico, non esiste cioè nessun rapporto tra grado di positività, gravità della reazione e rischio futuro.Ai pazienti che hanno manifestato orticaria, soffocamento e collasso cardiocircolatorio con documentata positività dei test diagnostici, viene raccomandata l’immunoterapia specifica con veleni purificati, che rappresenta l’unico presidio terapeutico in grado di garantire una protezione pressoché completa in caso di nuova puntura.L’immunoterapia prevede una prima fase, detta di incremento, che consiste nella somministrazione graduale di piccole dosi di veleno per raggiungere il dosaggio protettivo di 100 microgrammi (corrispondentia circa due punture di ape e 4 di vespa). Questa prima fase può durare fino a tre mesi se vengono utilizzati protocolli di trattamento tradizionale o da 1 a 7 giorni se si impiegano schemi di induzione rapida (“rush therapy”). Se la dose di mantenimento viene tollerata senza problemi, l’intervallo tra un’iniezione e l’altra viene allungato gradualmente fino 28 /29 a somministrazioni mensili. La durata minima del trattamento è di cinque anni. L’effetto protettivo si ottiene comunque subito dopo avere terminato la prima fase di incremento.Tutti gli schemi adottati risultano efficaci, caratterizzati da un’incidenza media di reazioni sistemiche non trascurabile, pari al 10%, che nella maggior parte dei casi sono però di lieve entità clinica e si risolvono senza nessun trattamento farmacologico. Un aspetto importante è rappresentato dalla maggiore frequenza di reazioni osservabile utilizzando il veleno di ape rispetto a quello di vespidi. Le cause di questo fenomeno non sono ancora del tutto note,ma il recente impiego di estratti purificati, sia per terapia acquosa che ritardo, ha significativamente migliorato la tollerabilità così che la differente incidenza di reazioni tra i due veleni risulta minima. I pazienti particolarmente sensibili devono munirsi di piastrina informativae di farmaci (adrenalina, antistaminici, steroidi) per autogestire correttamenteuna eventuale terapia di emergenza. In particolare, a meno che non ci siano controindicazioni mediche, l’adrenalina dovrebbe essere prescritta a tutti i pazienti che abbiano avuto una reazione sistemica aseguito di una puntura di insetto.La somministrazione rapida di questo farmaco, di prima scelta nella prevenzione dell’anafilassi, si correla ad una significativa riduzione dellamortalità. E’ bene che per la prevenzione delle complicazioni (talvolta anche gravissime) i pazienti ricevano istruzioni precise sull’automedicazione con antistaminici, cortisonici ed adrenalina autoiniettabile da parte dello specialista allergologo .

La terapia si differenzia in base al tipo di reazione: reazioni locali estese oppure reazioni generalizzate di grado lieve – moderato (1°-2°) prevedono l’uso di ghiaccio nella zona interessata dalla puntura, cui fa seguito l’applicazione di una crema cortisonica e la somministrazione di antiistaminici e corticosteroidi orali o eventualmente per via parenterale; le reazioni gravi (3°-4°) prevedono l’utilizzo di adrenalina come primo provvedimento, seguita da corticosteroidi parenterali e da antistaminici intramuscolo.