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Displasia dell’anca « dott. Mario Pacella

Displasia dell’anca

La displasia/lussazione del’anca è la alterazione dell’apparato scheletrico più frequente nel primo anno di vita: in Italia interessa il 2-3% della popolazione infantile.
Si tratta di un’alterazione dello sviluppo della conformazione dell’anca che consistono in un appiattimento della cavità dell’acetabolo, che accoglie l’estremità del femore: più è appiattita, tanto più il femore tende a spostarsi.
Nelle forme più gravi (lussazioni) se la testa del femore ha abbandonato l’acetabolo e risiede in una nuova cavità, se non curata, quando il bimbo comincia a camminare l’articolazione difettosa viene gravata da un peso che non può sopportare.
Nelle forme più lievi (displasie) l’insufficiente copertura del tetto acetabolare porterà nell’età adulta ad artrosi.

L’esame clinico che si esegue consiste in pratica nella ricerca del “Segno dello Scatto” (o segno di Ortolani dal nome del pediatra che per primo lo descrisse negli anni Trenta ). Questo scatto sta a indicare che è possibile riportare manualmente in sede con una sensazione di “scatto d’entrata”
la testa del femore lussata o al contrario che è possibile facilmente lussarla fuori “scatto d’uscita”. Quando questo segno è presente significa che l’anca non è ben formata e si parla di “Displasia” per cui nella terminologia medica il termine Lussazione congenita dell’anca è stato affiancato dal termine che significa Displasia Congenita dell’Anca (Dca).
Dopo il secondo mese di vita, e non oltre il terzo , viene poi eseguito un controllo ecografico. L’ecografia dell’anca serve per avere un documento visivo della situazione anatomica dell’articolazione: questo esame va eseguito come screening e anche perche’ l’esame clinico ha bassa sensibilità e può essere negativo. Rispetto all’esame radiografico l’ecografia  ha il vantaggio di non esporre la popolazione neonatale a radiazioni ionizzanti, di poter essere eseguita prima della radiografia  , prima del  terzomese perché più specifica  per  evidenziare le eventuali alterazioni strutturali capsulo-cartilaginee dell’anca.
La “radiografia del bacino” acquista importanza dopo il 6° mese di vita a mano a mano la parte ossifica dell’anca prende il sopravvento su quella cartilaginea. La zoppia è il segno clinico per il quale ci accorgiamo di una displasia dell’anca quando il bambino comincia a camminare solo dopo l’anno di vita. Ma più tardiva è la diagnosi peggiori sono i risultati finali delle cura.
La diagnosi precoce è quindi utilissima per andare a ricercare sin da subito una eventuale displasia dell’anca e iniziare se presente il trattamento adeguato. Nella maggior parte dei casi si adotta un trattamento posturale: poiché la posizione (postura) ad anche aperte e flesse “centra” le anche in una buona posizione favorendo così la correzione della displasia o lussazione, lo sforzo terapeutico va in questo senso.

In caso di diagnosi accertata di Displasia congenita lussante dell’anca è necessario invece “costringere” le anche in una postura centrante, in apertura e flessione delle anche: per questo vengono usati presidi detti divaricatori. Il divaricatore garantisce una buona postura e serve in definitiva a ripristinare un buon sviluppo della articolazione dell’anca che a mano a mano che il piccolo cresce correggerà la sua displasia. Il divaricatore quindi va mantenuto per un sufficientemente lungo periodo di tempo, almeno sei mesi, giorno e notte, levato solo per alcuni minuti durante il bagno e il cambio del bambino. Il divaricatore non deve fare male, il piccolo non deve piangere: se invece, a parte i primi momenti dopo la sua applicazione per il fastidio della costrizione (10/30 minuti) il bambino piange, va subito rimosso e ricercate le ragioni che provocano il dolore e si rivaluterà poi se possibile una posizione più comoda o un diverso tipo di apparecchio.
Se la diagnosi è tempestiva una terapia posturale dolce con divaricatori permette nella quasi totalità dei casi un rientro nella normalità verso il 9°/10°mese, epoca in cui il bambino generalmente comincia a gattonare e stare in piedi: la cura non interferisce quindi sulle tappe dello sviluppo neuro-motorio.
Se si pone la diagnosi di Lussazione congenita dell’anca dopo il 4/5 mese, una terapia posturale dolce con divaricatori ha minori possibilità di essere idonea in quanto l’anca si è sviluppata e strutturata in una posizione che non si riesce a correggere con una semplice apertura e flessione delle anche.
In questi casi è necessario che il medico ortopedico esegua delle manovre per riposizionare  l’anca, ristabilire un corretto rapporto articolare tra i due componenti che la formano: cotile e testa del femore. Queste manovre vanno eseguite in anestesia generale . Si parla di intervento di riduzione incruenta se si riesce ad ottenere il ristabilimento della articolarità. Se non si riesce con manovre incruente e si deve ricorrere al bisturi si parla di intervento di riduzione cruenta. Nell’un caso e nell’altro comunque, dopo la riduzione, le anche vanno immobilizzate in gesso per circa 3 mesi poi in divaricatore per altri 3/4 mesi. Il gesso avvolge il bacino e arriva ad entrambi i piedi a mantenere le anche flesse e più aperte possibile.

E’ dunque intuibile l’importanza della prevenzione in questa patologia e la tempestivita’ dell’ intervento.

A Roma molti ospedale hanno un servizio di ecografia delle anche , convenzionato con SSN, ma non tutti hanno , poi, una divisione ortopedica pediatrica per seguire , correttamente dal punto di vista terapeutico, il lattante .

La displasia dell’anche ha un costo enorme per L’SSN , e la prevenzione e’ l’unica arma per abbattere i costi.