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Sport e Movimento « dott. Mario Pacella

Sport e Movimento

La pratica di una attività sportiva organizzata da parte di bambini e ragazzi rappre­senta un fondamentale biso­gno sia preventivo, sia fisiolo­gico, sia psicologico. La di­sciplina sportiva praticata dai ra­gazzi in età evolutiva risente il più delle volte delle scelte e delle pre­ferenze dei genitori. Molto raramente il bambino può decidere in proprio ed in questo caso la preferenza, in genere, è molto spiccata verso quelle disci­pline sportive più diffuse a livello di informazione, ma è soprattutto l’ambiente familiare, con le sue abi­tudini e le sue tradizioni, che fa na­scere nel bambino la vocazione per uno specifico sport. Tuttavia qualsiasi tipo di attività mo­toria organizzata, se scelta autono­mamente dal bambino, va incorag­giata in quanto es­sa possiede i giusti requisiti per motivare adeguatamente il giova­nissimo sportivo. Lo sport, infatti, non si limita a rafforzare fisicamente il bambino ma soprattutto, quan­do non è imposto, influenza positi­vamente l’autostima. Tra i cinque ed i sette anni il bambino ha forti motivazioni allo sport. Quando si appassiona ad una attività motoria, ovviamente sotto forma di gioco e di divertimento, manifesta un gros­so impegno ed evidenzia la pre­senza di una motivazione concreta e dominante. Probabilmente i due fattori primari che agiscono da molla sono il gioco e l’agonismo, ol­tre ad altri fattori secondari.
L’agonismo, se vie­ne vissuto in un contesto organizza­to, gestito da un istruttore prepara­
to, ed adeguatamente controllato,funziona da decongestionante psi­chico, favorendo la crescita psichi­ca ed emotiva dell’allievo. La cosa importante è che l’attività venga sempre pro­
spettata, sia da parte dei genitori che degli insegnanti come un qualcosa di divertente, un qualcosa che “è bello fare”. Una delle preoccu­pazioni più sentite dai genitori è quella di trovare lo sport più adatto per i propri figli e “completo”, In realtà non esiste uno sport vera­mente completo in assoluto, in quanto ogni attività fisica, quando viene indirizzata verso una specia­lizzazione, promuove nel praticante certe caratteristiche a discapito di altre. La cultura popolare vede nel nuoto la disciplina che maggior­mente soddisfa l’esigenza di sport “omnicomprensivo”, ma – ad un esame più attento – risulta evidente che neppure il nuoto può fregiarsi di questo titolo perché, per esem­pio, non interviene su importanti qualità quali l’abilità di coordinare il corpo rispetto allo spazio circo­stante, la propiocettività, la capacità di saltare, correre o lanciare ogget­ti , di lavorare insieme agli altri per un obiettivo comune. Un ulteriore aspetto da non trascurare è la distinzione tra sport individuali e sport di squadra. In realtà, questa di­stinzione ha più ragione di essere quando l’attività sportiva è finalizzata ad un risultato agonistico, quindi può essere veritiera per un’attività prati­cata da un ragazzo o da un adulto, piu’ che per un bambino.

Sport individuali:

Questa categoria comprende gli sport individuali quelli cioè, in cui un singolo individuo, e non una squadra, è impegnato nel gesto sportivo.

Sport di squadra.: uno sport di squadra è uno sport in cui il singolo evento (incontro, partita) si svolge tra due, o più, squadre opposte, che cercano di prevalere l’una sull’altra mediante il conseguimento di un punteggio, ottenuto dalla realizzazione di un determinato obiettivo. Ogni sport specifico ha un suo obiettivo (o obiettivi) che produce un punteggio (rete, meta, canestro, ecc.). Contestualmente, ogni squadra cerca di impedire agli avversari di realizzare tali obiettivi.

IL Comita­to olimpico nazionale italiano (CO­NI), nel redigere i programmi per i centri di avviamento allo sport per i bambini di ambo i sessi tra i cinque e i sette anni, prevede che in questa fascia l’attività sportiva sia orientata a fini “fisico-formativi”, sofferman­do l’attenzione su quattro punti fon­damentali, che descrivono le carat­teristiche ed i bisogni dei bambini nelle varie fasce d’età:

• fattore auxologico

• strutturazione delle attività basi­lari di moto

• fattore psicologico-sociale

• modalità di apprendimento.

Fattore auxologico. Tra i cinque e i sei anni nel bambino c’è il primo allungamento, che consiste in una spinta in lunghezza che interessa soprattutto l’apparato osseo, più che quello muscolare e che si in­centra soprattutto nelle gambe. Ac­cade quindi che lo scheletro au­menti di peso, le leve ossee si allun­ghino senza che vi sia, però, un adeguamento della forza muscola­re. La colonna vertebrale può ten­dere ad incurvarsi, dando origine ad attitudini quali la cifosi e la sco­liosi, soprattutto quando lo sviluppo non è perfettamente simmetri­co sul lato sinistro e su quello destro del corpo. Dai sette anni incrementa la capacità respira­toria, quindi la colonna verte­brale e la gabbia toracica sof­frono particolarmente se man­ca un’adeguata attività fisica. A partire dagli otto anni, invece, c’è un certo aumento della massa e della forza muscolare che, se oculatamente guidata, porta a supplire alle carenze dei periodi precedenti.

Attività basilari di moto. Il barn bino attraversa, lentamente e du­rante tutto l’arco dell’età scolare, un processo di evoluzione neurofisio­logica, definito “dominanza”, che fa sì che, di solito, il lato sinistro del suo corpo abbia funzioni di soste­gno, appoggio e difesa, mentre il destro abbia funzioni di attacco, slancio ed offesa. Questo processo ha origine dalla mano e si evolve poi in tutto il lato del corpo, fino ad arrivare alla cosiddetta ‘ ‘lateralizza-zione”, cioè la divisione del lato del controllo nervoso delle due metà del corpo. Senza la lateralizzazione non si è in grado di compiere effi­cacemente dei gesti sportivi. Il bambino non nasce lateralizzato, ma lo diventa sulla base della matu­razione delle strutture nervose e finché non la raggiunge il suo sche­ma corporeo e l’efficacia dei suoi movimenti saranno imprecisi. Ne sono sintomi la difficoltà di ricono­scere il sopra e il sotto, la destra dalla sinistra, in generale la disor­ganizzazione psicomotoria. A questi aspetti va aggiunto lo svi­luppo dello schema corporeo, cioè l’immagine di sé che il bambino ha e l’acquisizione dello schema corporeo, che si comple­ta alla fine dell’età scolare. Lateralizzazione, schema corpo­reo, organizzazione spazio-tempo­rale, sono i presupposti ed il risulta­to della maturazione del bambino. La lateralizzazione, come processo neuro-fisiologico, ha importanti im­plicazioni sugli altri due, che sono più tipicamente psicologici.  Pro­porre ad un bambino un’attività, cioè un tipo di esperienza cogniti­va, per la quale non sia ancora ma­turo può essere non solo improdut­tivo, ma addirittura controprodu­cente. Il bambino, infatti, sceglie tempi e modi dei suoi interessi.

Fattore psicologico-sociale. A cinque anni il bambino risente an­cora di una dipendenza morale ed affettiva dagli adulti. Il gioco tra bambini di quest’età  è caratte­rizzato da continui litigi ed aggres­sioni fisiche ma di breve durata. Il processo in corso, però, porta ad atteggiamenti di tipo sempre più associativo, al cui inter­no i bambini giocano ed agiscono per realizzare un identico scopo. Dai sei anni incominciano ad esser-ci notevoli progressi nell’acquisi­zione della consapevolezza del proprio corpo e si diverte ad esplo­rarne le caratteristiche e le capa­cità.  La sua capacità di socializzazione au­menta e, lentamente, tendono a di­minuire le tendenze egocentriche. Verso gli otto anni, infine, aumenta e si rende del tutto evidente il biso­gno di auto-realizzarsi.

 Modalità di apprendimento.

L’apprendimento di ogni gesto può essere impossibile se prima il bambino non ha appreso gesti più semplici che fungono da “mattoni” per costruire quello più comples­so. Il processo tradizionale di inse­gnamento dei gesti motori (“dimo-strare-far eseguire-correggere”) potrebbe quindi non essere il più corretto, anche perché potrebbe dare origine a situazioni cariche di ansia o di frustrazione. L’obiettivo, pertanto, è quello di indirizzare l’allievo sulla via di una buona ese­cuzione motoria, affinchè il bimbo acquisisca padronanza dei gesti. A partire dai cinque anni l’appren­dimento motorio deve avvenire sempre per gradi, favorendo l’e­spressione spontanea ed indivi­duale, in forma gioiosa e ludica. L’insegnante deve esse­re quella di non sottolineare l’erro­re o correggerlo, ma di stimolare le capacità autocorrettive dell’allievo, inserendovi elementi motivanti l’at­tenzione e la ripetizione, anche per evitare che il bambino, sopraffatto dall’insuccesso o dalla frustrazione si ritragga dal ri­petere l’esperienza..
Si tratta di migliorare in particolare le qualità motorie che possono es­sere allenate nei bambini: la de­strezza, la rapidità di esecuzione, la mobilità articolare e la resistenza organica. Le qualità relative alla for­za muscolare possono essere po­tenziate più in là nel tempo, a svi­luppo puberale avvenuto. Nei bambini più piccoli l’attenzione deve essere posta, inoltre, sullo svi­luppo delle capacità coordinative e della flessibilità in quanto general­mente queste qualità motorie han­no un limitato margine di migliora­mento dopo i dieci anni di età e an­cora meno dopo la pubertà. È importante, inoltre, che il pro­gramma di allenamento in età pe­diatrica sia caratterizzato dalla mul­tilateralità perché lo scopo princi­pale deve essere sempre quello di ottenere un miglioramento globale di tutte le qualità fisiche così da consentire al ragazzo una maggiore duttilità e la possibilità nel tempo di margini di miglioramento più ampi.Un alle­namento “multilaterale” favorisce lo sviluppo parallelo e contempora­neo delle qualità psicofisiche alie­nabili nel ragazzo, in quanto utilizza esercitazioni diversificate, alternate e polivalenti

 I vari sports possono essere iniziati  non prima di una  definita fascia d’eta’ o meglio in fasce di eta’ ben definite alcune discipline sportive trovano il loro naturale inizio.

.Età prescolare: 3-6 anni

II bambino si trova nella fase del corpo percepito ed il sistema moto­rio che controlla i movimenti volon-tari (sistema piramidale) completa la sua maturazione. Si verifica un notevole aumento dell’accresci­mento staturale e migliora lo sche­ma corporeo del bambino che di­venta in grado di praticare un gran numero di esercizi. La scelta del­l’attività deve essere particolar-mente accurata e meticolosa. Ecco un’indicazione degli sport da praticare in questa fase della vita,

4-5 ANNI

Nuoto. Praticato a queste età offre il vantaggio di fare apprendere la cosiddetta “acquaticità”, cioè la ca­pacità istintiva di muoversi a pro­prio agio nell’elemento acqua. Per di più il bambino, essendo svestito, sviluppa maggiore consapevolez­za del proprio corpo. Inoltre, la mu­scolatura generale sarà impegnata senza il carico del proprio peso corporeo e, pertanto, è consigliato per correggere le posizioni errate che possono causare scoliosi o al­tre patologie scheletriche, mentre al contempo consentirà un adegua­to e ottimale sviluppo delle funzioni cardiorespiratorie. Il rischio che va evitato è quello della monotonia. In ogni caso do­vrebbe essere abbinato anche ad attività motorie svolte fuori dall’acqua, II nuoto può diventare nel tem­po la disciplina sportiva agonistica definitiva, oppure costituirà una parte della preparazione fisica ge­nerale di altre discipline sportive. Da consigliare in particolare ai soggetti asmatici perché l’ambien­te caldo-umido giova alla salute di questo tipo di pazienti.

5-6 ANNI

Ballo e danza. Eccezionali per strutturare le attività basilari di mo­to. L’apprendimento degli scherni motori ne trae un enorme vantag­gio.

Ci si coordina nello spazio e con le altre persone, il tutto imparando a tenere il tempo musicale

 Ginnastica artistica/ritmi­ca..

Impegna qualità fisi­che, quali elasticità e mo­bilità articolare, sponta­neamente ben sviluppate nei giovanissimi. Inoltre, è in grado di impartire una educazione motoria che rappresenterà nel tem­po, un insostituibile e prezioso pa­trimonio di esperienze destinate a durare nel tempo.  Il bambino che pratica ginnastica, se confrontato con coetanei sportivi di altre discipline, si distingue facil­mente: sa stare in piedi in maniera impettita e tonica, sta seduto corret­tamente, sa compiere rapidamente e in maniera efficace movimenti an­che insoliti e complessi; insom­ma è un piccolo atleta che co- / nosce il suo fisico e lo sa orientare nello spazio.

 Pattinaggio a rotelle e su ghiaccio.

 Permette di sviluppare, in particolare, il senso dell’equilibrio.

        Sci.

        Anche se lo sci è uno sport molto tecnico, i bambini non hanno problemi con gli sci ai piedi. I movi­menti richiesti risultano molto naturali anche per i più piccoli. L’alta quota e l’aria pura migliorano le capacità respiratorie dei bambini. I rischi maggiori sono rappresentati dalle cadute. Meglio evitare, per i bambini più piccoli, (sia per il rischio di inciden­ti traumatici sia per le paure che po­trebbero derivarne) i pendii troppo ripidi e la velocità elevata.

 Età scolare: 6-10

 una fase critica perché il bambino libero di muoversi a suo piacimento fino a questa età, compatibilmente al luo­go in cui vive ed alle possibilità familiari, di fatto appena comincia a frequentare la scuola elementare si trasforma in un sedentario a tempo pieno. Per lunghe ore starà sedu­to nei banchi e, come se questo non bastasse, continuerà a stare seduto anche a casa per fare i compiti, spesso in alter­nativa o in associazione ad almeno due ore in media di im­mobilità televisiva.

È quindi molto importante in questo periodo stimolarlo dal punto di vista motorio tenendo presente che in realtà a que­sta età il bambino si esprime più facilmente con il corpo che con la parola.

Fino agli otto anni si può parlare di gioco motorio, caratteriz­zato dalla semplicità delle regole, dalla brevità e da un certo egocentrismo. Il bambino non dovrebbe essere indirizzato verso una sola disciplina ma dovrebbe praticare discipline diverse in modo da favorire uno sviluppo globale delle sue capacità motorie.

Dagli otto ai 1 0 anni il bambino acquisisce una certa autono­mia motoria ed è in grado di accettare la sconfitta e le regole. Il gioco motorio assume delle connotazioni tipicamente presportive: il mini basket, il mini volley, il rugby Queste atti­vità sono da consigliare soprattutto ai bambini sedentari e obesi. A questa età il bambino può iniziare a dedicarsi con più attenzione ad una singola disciplina di suo gradimento. La scelta dell’attività, infatti, deve sempre rispettare le atti­tudini del bambino. Ecco un elenco abbastanza completo degli sport più comuni indicati in questa fase.

 7-8 ANNI

 Calcio. Durante il gioco del pallone il bambino corre e sal­ta, si coordina con gli altri e nello spazio. Si tratta di un’attività sportiva in grado di migliorare le capacità aerobiche e la re­sistenza agli sforzi prolungati. Ha il limite di non interessare in modo massiccio l’uso delle mani e degli arti superiori.

 Pallavolo, pallacanestro.

  Rap­presentano discipline nelle quali, oltre a correre, saltare e lanciare, il praticante deve afferrare, guardarsi attorno, prende­re rapidamente delle decisioni, capire quello che sta accadendo attorno a lui, Mi­gliorano la coordinazione motoria e favori­scono la socializzazione. Sicuramente si trat­ta di due discipline sportive molto interessanti.

Tennis.

 Dal punto di vista atletico con il tennis si sviluppano le capacità aerobiche e la coordina­zione. Richiede, inoltre, grandi capacità di concentrazione concorrendo a sviluppare questa qualità psicologica. Il tennis viene, tuttavia, considerato uno sport “asimmetrico” con la possibilità di causare diversi squilibri all’apparato scheletrico e muscolare. Per ovviare a tale inconveniente è importante prevedere attività di “compenso” che stimo­lino i distretti del corpo meno sollecitati.

Rugby.

Praticandolo il bambino impara a correre, saltare, lanciare, affer­rare, cadere, rotolarsi, coordinarsi con i compa­gni di squadra, gli awersari e gli oggetti che si trovano a 360° attorno, ma anche sopra di lui. In qualsiasi momento il praticante deve sapere dove si trova rispetto agli altri e ri­spetto al campo di gioco. Ulteriori elemen­ti positivi sono la grinta, lo spirito di squa­dra, il lavoro di gruppo, ma anche l’esalta­zione dell’individualità e la necessità di assu­mersi le proprie responsabilità. Tra gli aspetti negativi, il rischio di eccedere nell’agonismo.

 Atletica leggera.

 Lanciare, correre, saltare: si impara quasi tutto quello che il corpo umano può fare. Inoltre, non si può praticare l’atletica senza incrementare notevol­mente le proprie qualità fisiche, quindi di sicuro si intra­prende un percorso di crescita. In più bisogna considera­re che si tratta di un’attività da praticare all’aria aperta.

 Pallanuoto e nuoto sincronizzato.

Offrono i vantaggi del nuoto e possono essere più facilmente arricchiti di momenti ludici. Dovrebbero comunque essere abbinati anche ad attività motorie svolte fuori dall’acqua.

 Baseball e softball.

Divertenti, veloci, ricchi di espe­rienze motorie e, soprattutto, praticati all’aperto.

Scherma. Imparare a praticare la scher­ma significa apprendere rapidità ma an­che capacità di resistenza, coordinazione, lucidità mentale, autocontrollo, capacità di gestire i riflessi.Unica perplessità: si tratta di uno degli sport con le maggiori caratte­ristiche di asimmetria. induce.

 DAI 10 ANNI

          Arti marziali.

           Se ben gestite, sono discipline utilissi-me allo sviluppo dei bambini, che lavorano sulla coordinazione, sulla mobilità articola­re, entrano in contatto con la propria ag­gressività ed imparano a conoscerla.

 Canoa, canottaggio e kayak.

Sono sport attraenti che hanno il vantaggio di essere visti, dal bambino, come giochi entu­siasmanti. Sono attività di resistenza, una com­ponente dell’attività motoria poco alienabile nel­le fasi di vita precedenti. Per una crescita completa, do­vrebbero però essere integrati anche da altre attività.

Ciclismo e mountain bike. Sono attività di resistenza, una componente dell’attività motoria poco alienabile nelle epoche di vita precedenti. Sport salutare per tutti in quanto non sovracca­rica il rachide. È’ molto meglio non chiedere ad un bam­bino di pedalare su un rettilineo, ma sottoporgli un per­corso ad ostacoli che stimoli la sua fantasia.

Equitazione. Insostituibile è l’arricchimento umano che fornisce lo sport all’aperto, in ambiente campestre e a contatto con un animale come il cavallo. Come sport per la crescita necessita dell’integrazione di altre attività.

Etàpre-puberale: 10-12 anni |    puberale: 12-14 anni

post-puberale: 14-16 anni

 Questa fase di crescita è caratte­rizzata da una maggiore matura­zione del sistema neuroendocrino e da un significativo sviluppo del­l’apparato muscolare. Lo sforzo fi­sico in questa specifica età è dina­mico e di breve durata. La potenza aerobica, tuttavia, non ha ancora raggiunto livelli elevati. L’attività motoria assume connota­zioni prettamente sportive. Si con­siglia l’alternanza di sport di squadra (quali la pallanuoto, il calcio, la pallavolo, la pallacane­stro), dove l’elemento socializzan­te rende meno pesante l’eventuale sconfitta grazie ad un fraziona­mento delle responsabilità, con sport individuali come la scher­ma, l’equitazione ed il tennis che evidenziano il desiderio innato di confrontarsi direttamente con l’av­versario.

Per un miglioramento della pre­stazione fisica in queste discipline sportive sono sufficienti gli eserci­zi a corpo libero per tonificare i muscoli, per migliorare la mobilità articolare e la coordinazione. La forza, la velocità e la resistenza possono essere incrementate solo dopo il superamento della fase puberale. La scelta dell’attività de­ve essere scrupolosa ma flessibile e attenta al desiderio del ragazzo.

in piscina con i genitori Rivolti ai bambini dai 3 mesi ai 3 anni, accompagnati da un genitore, i corsi di nuoto baby stimolano la  propensione all’acquaticità favorendo lo sviluppo psicofisico, intellettivo e sociale del bimbo. Da un punto di vista medico non ci sono controindicazioni, a patto che al bambino piaccia stare in acqua e che le norme igieniche siano rispettate con il massimo  scrupolo. In Italia molti centri sportivi e piscine (pubblici e privati) offrono questa possibilità.