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Co-Sleeping « dott. Mario Pacella

Co-Sleeping

L’argomento della nanna di un neonato è delicato e controverso. Ma l’argomento del co-sleeping e’ancora più’controverso.Ogni bambino è diverso dall’altro e le sue esigenze si modificano soprattutto nel primo anno di vita. Le teorie sui metodi e sui tempi sul sonno dei bambini sono talmente tante che non basterebbe un manuale per elencarle tutte.Ma torniamo al Co-sleeping. Sostanzialmente è composto di due parole: sleep dormire e co insieme. Ci sono diverse teorie a riguardo che vanno dal dormire nello stesso letto con mamma e papà, al dormire nello stesso letto con fratelli e sorelle. Un recente studio americano ha provato che i bimbi abituati a dormire in compagnia sono più socievoli e più aperti alle novità rispetto ai loro coetanei abituati a dormire da soli.
Gli studi di epidemiologia ci dicono che a 9 mesi l’84% dei bambini si sveglia almeno una volta con un picco di risvegli a 2 anni; fino ai 3 anni, e soprattutto verso i 18 mesi, moltissimi bambini dormono nel lettone con i genitori per tutta la notte o per una parte della notte, questa abitudine diminuisce negli anni e tra i 5 e i 10 anni praticamente tutti imparano a dormire tranquillamente da soli.
L’Accademia Americana di Pediatria raccomanda di evitare il co-sleeping perché alcune ricerche lo hanno collegato a un aumento di rischio di Sids (sindrome della morte in culla), ma altre ricerche hanno ipotizzato che la condivisione del lettone possa essere, in termini di sicurezza, migliore della culla. Insomma, si legge tutto e il contrario di tutto. I ricercatori della Stony Brook University School of Medicine di New York hanno deciso di indagare in un’altra direzione e si sono chiesti se i bambini cresciuti nel lettone traessero da questa esperienza un beneficio nello sviluppo. Questi studiosi hanno analizzato i dati relativi a un migliaio di mamme alcune delle quali avevano dormito insieme ai loro bambini all’età di uno, due e tre anni e altre no. I ricercatori hanno tenuto conto dello sviluppo cognitivo e intellettuale di tutti questi bambini fino al’età di cinque anni e alla fine hanno concluso che non c’è alcuna differenza tra i piccoli che avevano praticato il co-sleeping e quelli che avevano dormito nella culla. Lauren Hale, autrice principale dello studio, ha dichiarato che ogni associazione negativa tra il co-sleeping e il successivo sviluppo cognitivo e comportamentale è probabilmente legato non alla pratica di dormire insieme alle caratteristiche socio demografiche delle famiglie americane che condividono il lettone con i bambini.
Nelle prime settimane di vita del neonato, mamma e bambino dormono nella stessa stanza per via dell’allattamento notturno. Poi le nonne, le mamme e i vicini di casa avvertono che se non abituiamo nostro figlio a dormire in camera sua, prenderà “il vizio” e non dormirà mai più da solo. Invece dormire insieme spesso rassicura le mamme un po’ ansiose perché sanno di avere il bimbo accanto e di poter accorrere ad ogni richiamo e, spesso, rassicura i bimbi un po’ ansiosi perché se si svegliano durante la notte sanno che i loro genitori sono lì e si riaddormentano più facilmente. La maggior parte delle madri attente ai bisogni del bambino, risponde in maniera costante, coerente e sensibile alle richieste di vicinanza e di rassicurazione. Così nel tempo il bambino si “rassicura” e finisce per “sapere” che la mamma, anche se non c’è, è pronta ad accorrere al bisogno. Finisce inoltre per “sapere” di essere capace ed efficace nel richiamarla, e che, quando ce ne sarà il bisogno, potrà farlo facilmente. Paradossalmente più al bambino piccolo verrà data la possibilità di stare vicino alla madre quando lo richiede, più sarà capace in seguito di stare da solo. Più verrà accolto il suo desiderio di dipendenza quando è piccolo, più facilmente diventerà, in seguito, autonomo. Trascurare sistematicamente le richieste di vicinanza del bambino o rispondervi in maniera incostante rallenta o ostacola questo processo di formazione della “sicurezza interiore”. Pertanto si può concludere che ogni madre sa che il bimbo piccolo può chiedere di stare vicino di notte soprattutto quando è più piccolo, quando ha paura, quando è malato, quando è ansioso per qualunque motivo e che fornire un “co-sleeping a richiesta” come si fa con l’allattamento è probabilmente la strategia più giusta.